ROVERBELLA - SCOPERTE PALETNOLOGICHE

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BELLEI ANDREA
8/12/2022
La paletnologia nasce come scienza nella seconda metà dell’Ottocento con l’intento di studiare le civiltà e le culture umane della preistoria, anteriori cioè alla comparsa della scrittura: in stretto rapporto, quindi, con la geologia, la paleontologia, l'etnologia, l'antropologia culturale e lo studio delle tradizioni popolari.
Nell’Italia post unitaria il rinnovato interesse intorno a questa disciplina è ravvivato dal tentativo di rispondere alla ormai affermata questione sull’origine italica, i pelasgi, andando ad individuare quegli antichi abitatori della penisola unita che potessero confermare l’unità del popolo italiano anche da un punto di vista identitario e culturale.
I concetti metodologici alla base di quelle ricerche archeologiche si basano sulla somiglianza tra gli oggetti o i manufatti in genere, con la possibilità di stabilire un insieme di associazioni, di individuare la successione di tipologie (tramite tabelle di correlazioni) ed infine di valutarne l'ampiezza della loro circolazione. Questi dati hanno portato all'elaborazione del concetto di facies culturale.
Nel mantovano queste ricerche iniziano ad aver luogo dal 1865, sviluppandosi prima dai territori a sinistra del Mincio (Villimpenta, Bigarello, Castel d’Ario, Roncoferraro, Castelbelforte, Roverbella, …), per poi allargarsi dopo circa un decennio nell’area più ad occidente della nostra provincia.
I pionieri di queste ricerche sono un gruppetto di studiosi  locali(1), tra loro uniti da rapporti di conoscenza, di formazione ricevuta, di comuni interessi scientifici e di appartenenza alla stesso territorio mantovano.
Si muovono nel contesto del Seminario cittadino, dell’Accademia Virgiliana e del Museo Civico, ospitato allora in alcune sale della stessa Accademia. Effettuano le ricerche in simultanea e condividono i risultati delle loro scoperte, dandone divulgazione sia a livello locale (Gazzetta di Mantova in primis) che nazionale.
Essi creano così raccolte di reperti collezionati che, nel tempo, vanno ad arricchire, per donazioni, lasciti o per vendite successive, i musei civici di tanti comuni italiani e collezioni private.

Reperti archeologici provenienti da Villimpenta - scavi Giovanni Nuvolari - Palazzo Ducale - MN
Alcune di queste, nel 1911, entrano anche nei magazzini del Palazzo Ducale di Mantova. E lì rimangono, dimenticate chiuse in casse, per più di mezzo secolo, ricordate dalla superstite memoria collettiva dei (pochi) studiosi di preistoria e dai (molti più) appassionati di storia locale.
Solo agli inizi degli anni ’70  del secolo scorso(2) viene incaricato l’ispettore per l’archeologia dell’allora Sovrintendenza alle Gallerie della Lombardia a fare un sopralluogo ricognitivo nei magazzini del palazzo Ducale di Mantova e a provvedere all’inventario di quanto presente.
A questo periodo si riconduce la ricerca bibliografica effettuata per le scuole elementari di Canedole-Pellaloco dal maestro Adriano Bellei nell’A.S. 1970-1971 sulle zone e musei archeologici della provincia di Mantova.
Passerà ancora molto tempo prima di poter vedere il nuovo MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE di Mantova, inaugurato solo nel 1998(3), dove oggi vengono custodite e finalmente mostrate le testimonianze archeologiche del nostro territorio.
Il Museo Archeologico Nazionale di Mantova
Ma torniamo alle ragioni di questo scritto.
Nel 1877 Eugenio Masè, allora tredicenne, individua un sito preistorico su uno dei fondi di proprietà del padre: il Fornasotto, nel Comune di Roverbella. Su quel campo compie numerose esplorazioni raccogliendo copioso materiale pre-protostorico (oggetti in bronzo, in selce, in corno, anse, fusaiole, etc.) che conserva in una raccolta nella sua abitazione in Mantova.
I reperti, visti da Attilio Portioli(4), amico di famiglia, suscitano la curiosità dello studioso al punto che lo portano ad esplorare il sito e a compiervi due saggi di scavo.
Sul campo retrostante l’abitazione, su una superficie di circa 4 ettari, appare evidente una pronunciata prominenza(5) nella parte centrale della quale il terreno risulta spiccatamente cinereo. Tutt’intorno si scorgono frammenti di vasi in terracotta, i cosiddetti cocci, e tracce antropiche.
Attilio Portioli viene a conoscenza da testimoni locali che l’altura era stata tempo addietro di molto abbassata per colmare dei fossati e rialzare la vicina strada per Canedole, e in quella occasione vennero alla luce urne in cotto, lucerne, stoviglie, vasi in bronzo ed altri oggetti dello stesso metallo.
Compie quindi due saggi di scavo di lunghezza pari a quattro metri ed uno di larghezza distanti l’uno dall’altro 70 metri, entrambi orientati nella direzione nord est parallela a quella dei filari delle viti presenti. Nel primo saggio, rimosso l’arativo, scava sino a trovare il terreno vergine a circa due metri di profondità e durante la rimozione della terra individua quattro sequenze insediative alla profondità di circa 40 centimetri l’una dall’altra, intervallate da terreno battuto. Nel secondo saggio si ferma alla profondità di un metro in quanto constata l’esatta corrispondenza delle sequenze ritrovate nello scavo precedente.
La relazione della scoperta di questa nuova stazione paletnologica, con il resoconto dello scavo che ne è derivato, è stata pubblicata dal Portioli sulla Gazzetta di Mantova in Appendice sui numeri del 29 e 30 novembre 1877 ed è riportata integramente trascritta in allegato.
Particolare del fondo Fornasotto presso il Dosso di Canedole - Gallarati 27/12/1825 - A.S.MN Mappe Varia Provenienza n° 520
Lo studioso ottocentesco Don Francesco Masè, a 72 anni da poco compiuti, molti dei quali passati a svolgere minuziose ricerche e a collezionare reperti pre-protostorici nei siti da lui individuati tra Castelbelforte e Villimpenta, in un suo scritto(6) si pone (e ci pone indirettamente) la fatidica domanda:
“Sempre incremento le mie raccolte. E poi che ne farò? Ossia che ne faranno i miei eredi?”.
La domanda trova risposta nelle azioni di coloro che vengono nel tempo dopo di noi; ed il tempo è edace, guarda solo avanti e si nutre di ricordi cancellandoli inesorabilmente se non vengono condivisi.
Le raccolte, se sono solo fini a se stesse, non possono che venire disperse, se va bene, o distrutte, se va male, da chi ci subentra.
Io ritengo che possano sopravvivere quelle che vengono reinserite in un contesto di memoria collettiva quale può essere un ambito museale e/o un’istituzione di ricerca o di studio, dove possono essere conservate, studiate e possibilmente divulgate a tutti.
Nel 1986 il Gruppo di Ricerca e di Tutela della Storia Roverbellese è nato proprio con l’intento di indirizzare la ricerca e la salvaguardia della dispersione dei reperti archeologici presenti nelle nostre campagne in stretta collaborazione con la Soprintendenza Archeologica. Ha così promosso lo studio del nostro territorio riportandone l’interesse e l’importanza in ambito preistorico ai livelli che si merita.
Oggi sappiamo ad esempio che nel sito del Fornasotto, pur essendo attestati anche elementi più antichi risalenti al Bronzo Medio iniziale, i copiosi materiali recuperati nel corso delle ricerche sono per lo più inquadrabili in una fase avanzata della Media età del Bronzo e nel Bronzo Tardo.

Andrea Bellei,

Dicembre 2022

Fonti:

Genius Loci – Figure e vicende delle terre del Mincio e della risaia – a cura di Maurizio Bertolotti e Marida Brignani – Publi Paolini – Mn – 2015.

Gazzetta di Mantova 29 e 30/11/1877.

https://it.wikipedia.org/wiki/Eugenio_Masè_Dari

Archivio di Stato di Mantova > Stato civile italiano > Mantova > 1895 – atti di nascita.

Debora Trevisan - La paletnologia nel mantovano tra ‘800 e primi del ‘900. Storia degli studi e delle collezioni (Università degli Studi di Padova - Scuola di dottorato di ricerca in studio e conservazione dei beni archeologici e architettonici).

Argomento: zone e musei archeologici della provincia di Mantova – Scuole Elementari di Canedole e Pellaloco – A.S. 1970-1971 – opuscolo a cura del maestro Bellei Adriano.

Note:

1 - Luigi Boldrini, Vincenzo Giacometti, Eugenio Masè-Dari, Francesco Masè, Giovanni Nuvolari, Enrico Paglia e Attilio Portioli.

2 - Cfr. Adriano Bellei, in bibliografia – notizia presa dal giornale “Il Giorno” – aprile 1971.

3 - Inserito nel complesso del palazzo Ducale dove un tempo c’era il teatro di Corte di Palazzo Ducale, poi trasformato in teatro Regio asburgico, lo stabile venne riconvertito dal Comune in mercato dei bozzoli, cioè dei bachi da seta, e ortofrutticolo; fu donato nel 1978 allo Stato Italiano dall’allora sindaco Gianni Usvardi, rendendo così possibile la nascita del Museo Archeologico Nazionale, previo lungo intervento di restauro e riadattamento funzionale degli spazi coinvolti.

4 - Attilio Portioli (Scorzarolo, 1830 – Borgoforte, 17 ottobre 1891) Storico, archeologo, uomo di cultura, promotore, difensore e divulgatore del sapere. Nasce a Scorzarolo nel 1830. Consacrato sacerdote nel 1854, nel 1872 è sospeso a divinis, ma nel 1880 è riabilitato anche se di lì a poco abbandona volontariamente l’abito talare. E’ appassionato di storia, di archeologia, di numismatica e delle arti in generale; si dedica allo studio delle Zecche di Mantova e Monferrato. Collabora con i giornali dell’epoca, tra cui la Gazzetta di Mantova, Il Mendico e La Provincia di Mantova. E’ stato un accademico attivo della Regia Accademia Virgiliana di Mantova nel 1863, accademico residente nel 1868, socio effettivo dal 1877 al 1883, socio effettivo residente nel periodo 1885-1890. E’ stato socio corrispondente dell’Istituto di Corrispondenza Archeologica di Roma. Dal 1865 al 1873 ha diretto il Museo Civico della città di Mantova. Il suo interesse per la paletnologia lo ha portato sia ad operare direttamente sul campo, sia con la continua attenzione all’arricchimento delle collezioni museali della città che egli accresce favorendo le donazioni di materiali pre-protostorici rinvenuti dagli amici mantovani.

5 - Non a caso la località del sito, almeno dalla fine del duecento, si chiama “Dosso” ed il nome Fornasotto della corte agricola riporta alla presenza in loco di un’attività di una fornace. Si può stimare che originariamente l’altura potesse essere alta non meno di 5-6 metri rispetto al territorio circostante.

6 - Cfr. Genius Loci – pag.41 nota 2.

ATTILIO PORTIOLI – foto dal Necrologio di Ercole Gnecchi in Rivista italiana di numismatica 1891 – Milano - Società numismatica italiana
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