ROVERBELLA - CENNI STORICI

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BELLEI ADRIANO
23/4/2022

Cenni storici su ROVERBELLA

Il comune di Roverbella sorge su di un territorio pianeggiante di diversa origine geologica: morenica e piena di ciottoli la parte Nord - Occidentale, alluvionale e un tempo paludosa la parte Sud - Orientale.

Di certo il borgo con l’attuale nome di “Roverbella” esisteva fin dal 1182.

In quell’anno infatti (Torelli “Archivio Capitolare” doc. n. XX) ci è documentata una vertenza in cui vengono prodotte disposizioni testimoniali relative a terre poste in “Roverbella” e soggette a pagare un canone d’affitto alla Pieve di Porto.

L'etimologista bresciano Prof. A. Bonaglia, sostiene che il toponimo derivi da precise parole celtiche che così suonano:

RHO - HEER - BELD

Dove "Rho" significa "incrocio di strade", "Heer" significa "militare" e "Beld" significa "stanziamento".

Roverbella, quindi, sarebbe stato un importante "incrocio stradale militare" in cui stanziavano le truppe di passaggio, fin dall’espansione celtica nell’Italia settentrionale del IV e III sec. avanti Cristo. Il suo territorio, infatti, si trova sull’incrocio tra la direttrice della strada per Mantova-Verona e quella per il Garda.

Certamente il suo essere un Rho-Heer-Beld, ha visto il territorio roverbellese, non solo nell’antichità, ma anche negli ultimi secoli, venire occupato da truppe di passaggio come dimostrano le diverse suppliche rivolte dai cittadini roverbellesi alle autorità del tempo, onde essere sgravati dal foraggiamento e dall’alloggiamento di truppe di passaggio sul suo territorio (A.S.MN b.n. 3372XIII n. 6 -lettera di supplica del 7 maggio 1735).

Il territorio, comunque, era già occupato da popolazioni autoctone da molto prima dell’arrivo dei Celti.

Il Gruppo di Ricerca e di Tutela della Storia Roverbellese ha individuato una settantina di siti archeologici che definiscono nell’insieme una chiara mappa, anche se non ancora definitiva, della distribuzione degli insediamenti che abbracciano un arco temporale che va sicuramente dal periodo Neolitico (6000-2500 a.C.) all’età del Rame (2500-1900 a.C.), del Bronzo (1900-900 a.C.), del Ferro (900-a.C.- I sec. d.C.) fino al periodo Romano, periodo, quest’ultimo, testimoniato, oltre che dai numerosi reperti ritrovati, anche dalla “Via Postumia” che lambisce la parte Nord-Ovest del roverbellese.

Decine di migliaia di reperti archeologici, rinvenuti in ricerche di superficie e consegnati alla Soprintendenza Archeologica della Lombardia, documentano chiaramente nel territorio roverbellese, dell’uomo nelle varie epoche preistoriche e testimoniano, attraverso gli oggetti, gli strumenti che la sua capacità manuale lo portò a fabbricare a scopo di difesa, caccia, lavoro, ornamento, culto, ecc... i vari livelli della sua civiltà.

Di notevole importanza storico-archeologica, nel roverbellese, la presenza della cultura “Paleoveneta” ampiamente documentata, con scavi della Soprintendenza Archeologica, all’interno del Castello di Castiglione M.no, castello che, nato nel 1229, per iniziativa Comunale, quale mezzo di sorveglianza e di sbarramento di una delle vie d’accesso alla città di Mantova, poggia le sue fondamenta su di un antico “Castrum” romano.

Dai reperti romani ritrovati in vari siti archeologici, si può dunque desumere che il territorio roverbellese, anche se probabilmente non centuriato, fosse abitato anche dai romani che dal 222 a.C. fino al 196 a.C. avevano intrapreso la conquista della Lombardia, già sotto il dominio gallico fin dal V sec. a.C., o che, comunque, ne avessero romanizzato la popolazione.

Del periodo tra la dominazione romana e l’alto medioevo non si hanno notizie precise, se non qualche accenno su documenti d’archivio relativi a contratti, pagamenti di decime e investiture di terre in cui vengono citati corti e paesi tutt’ora esistenti sul territorio.

Si riporta, in ordine cronologico, l’anno della prima citazione di tali località: - anno 997 - Canedulo (diploma imperatore Ottone III); - anno 1037 - Castion (diploma dell’imperatore Corrado II che soggiornava a Canedole); - anno 1182 - Roverbella (Torelli “Archivio capitolare” doc. n. XX); - anno 1190 - Prestinaria (archivio di S. Andrea pag.54); - anno 1292 - Dosso (A.S.MN A.G.b.n.71); - anno 1370 - Pelaluco (A.S.MN. A.G. b.n. 2374); - anno 1374 - Mussolina (A.S.MN. A.G. b.n. 2374).

La tradizione vuole che nel 1039, in territorio roverbellese (Marengo) si celebrassero le nozze del marchese Bonifacio di Canossa, signore del territorio, con Beatrice, figlia del duca di Lorena. Dopo la parentesi canossiana e la pace di Costanza del 1183, si affermò, in modo graduale ma irreversibile, l’istituzione del Comune cittadino di Mantova cui era stato concesso di difendere città e territorio con vere e proprie fortificazioni o di imporne il rafforzamento in vista di nuove guerre, come nel caso di Castiglione M.no sul cui vecchio “Castrum”, di origine romana, sorse, a partire dal 1229, l’attuale castello.

Con l’approssimarsi della congiura contro i Bonaccolsi (1328), la famiglia Gonzaga acquisì un’enorme ricchezza immobiliare, iniziata già negli anni dal 1257 al 1299, comperando terre anche nei dintorni di Roverbella. Attorno al castello di Castiglione Mantovano ne comperarono ben 11000 biolche (A.S.MN. A.G. b.n. 2881).

Onde meglio amministrare i loro possedimenti affinché venisse garantita continuità di rifornimento di biade, spelta, carne, ecc.., i Gonzaga, divenuti Signori di Mantova, posero, nel castello, un loro vicario responsabile e Castiglione diventò così Vicariato sotto la cui giurisdizione fecero parte anche Pellaloco, Malavicina e Roverbella che vi rimasero fino al 1735, quando Roverbella, nel frattempo ingranditasi, diventò capoluogo dell’intero territorio. Proprio in quell’anno Castiglione M.no, occupata dalle truppe imperiali, fu devastata, avviandosi verso il definitivo declino.

Nel roverbellese, nei secoli di cui abbiamo parlato, e precisamente nel XIV sec., si consolidò anche una presenza religiosa coi frati benedettini del monastero di S. Ruffino, proprietari di ben 3000 biolche di terra a Canedole. Essi, nel 1452, passarono coi loro beni, al monastero di S. Sebastiano, aggregati ai canonici lateranensi. Per avere documenti che, con cognizione di causa, diano un quadro preciso della vita di quel tempo, indicando fatti, persone e stato degli edifici ecclesiastici, bisogna attingere alle relazioni sulle visite pastorali alle parrocchie.

Nel 1544 e nel 1546, Mons. Marno, già vicario del cardinale Ercole Gonzaga che resse la chiesa mantovana dal 1520 al 1536, descrive con meticolosità le varie parrocchie del roverbellese e, tra l’altro, ne elenca le “animae a comunione”(persone che potevano ricevere la comunione): “Canedulo n. 586; Castion Mantuano e Pelaloco n. 500; Roverbella n. 308; S.Lucia n. 30".

Decaduta la famiglia Gonzaga (1707), l’Austria che ne prese il dominio, divise il territorio mantovano in 19 Circoscrizioni amministrative con a capo di ciascuna un pretore. In alcune (11) si esercitava il potere di giudizio su tutte le cause penali, civili, ecc..., (il mero misto imperio), in altre (8), tra cui quella che comprendeva Castiglione M.no, Roverbella e Marmirolo, questi poteri non si esercitavano perché di limitata giurisdizione. Fu in questo periodo che gli Austriaci, per meglio amministrare il territorio mantovano, istituirono il nuovo catasto detto “Teresiano” dal nome dell’Imperatrice Maria Teresa (1740 -1780). Tale situazione amministrativa rimase fino all’arrivo delle armate napoleoniche, sul finire del sec. XVIII.

Nel 1796, Napoleone, dopo la vittoria di Valeggio e Borghetto, mentre si accingeva a stringere d’assedio Mantova, pernottò in Roverbella, nella villa Gobio in cui, 83 anni prima, aveva ricevuto ospitalità anche Elisabetta Cristina, moglie dell’imperatore d’Austria Carlo VI.

L’arrivo dei francesi, che pur aveva portato con sé nuove speranze di libertà e di indipendenza, pose termine al periodo di profonda riconversione civile e religiosa operata dall’Austria e diede inizio ad una disastrosa politica di rapina e violenza nei confronti della comunità mantovana.

La fine dell’impero napoleonico riportò Roverbella nel vortice degli avvenimenti. L’8 febbraio 1814, Eugenio Beauharnais, figliastro di Napoleone, viceré d’Italia ed unico ad essere rimasto fedele al grande uomo, fronteggiò nelle vicinanze del roverbellese, nella battaglia conosciuta come “battaglia del Mincio o di Roverbella”, le preponderanti truppe austriache, guidate dal generale Bellegarde, costringendole al ritiro. Questa battaglia precedette di poco la convenzione di Schiarino Rizzino (presso Bancole di porto M.no) in cui si preparò il successivo armistizio di Mantova (23 aprile 1814) che stabiliva la riconsegna dei territori occupati dai Francesi agli Austriaci, i quali, dopo 5 giorni, rientrarono in Milano, ristabilendo definitivamente il loro dominio sulla Lombardia.

Con la “Restaurazione” austriaca ed il conseguente soffocamento di ogni libertà, i moti rivoluzionari resero il desiderio di indipendenza sempre più bruciante. Di questo desiderio, che si sa per certo covasse in alcuni roverbellesi, membri delle famiglie più in vista quali i Benati, i Balzanelli, i Gadioli, i Turina, i Chauvenet, i Tinelli, i Martignoni, i Rondelli, furono vittime il Sacerdote Don Nicola Bertolani e l’operaio Antonio Este, entrambi di Castiglione Mantovano. Quest'ultimi, nel marzo 1848, vennero uccisi dagli Austriaci davanti all’osteria del luogo, rei soltanto, come recita la lapide loro dedicata, di aver chiesto pietà contro le angherie sui cittadini castiglionesi (versione di Don Tazzoli, martire di Belfiore).

Le varie insurrezioni contro l’Austria del 1848, europee prima, italiane poi (Venezia e Milano), fecero scoppiare la 1° guerra d’indipendenza e Roverbella vide il suo territorio occupato dal quartier generale piemontese. Lo stesso re Carlo Alberto alloggiò in villa Benati dove nei giorni 3 e 4 luglio ricevette la visita dell’esule Giuseppe Garibaldi che gli offriva la sua spada “per fare l’Italia unita”. L’eroe dei due mondi ricevette lo “storico rifiuto”, come ricorda la lapide tuttora murata su casa Benati.

Nel 1859, nella 2° guerra d’indipendenza, fu il giovine patriota diciasettenne roverbellese, Luigi Benati a far parlare di sé per la propria dedizione alla causa risorgimentale che lo vide eroicamente morire il 19 luglio a Peschiera. Il comune dedicò a questo suo giovine figlio una delle sue vie principali.

Nel 1866, l’anno che vide, con la 3° guerra d’indipendenza, la liberazione dall’oppressione austriaca del nostro territorio, Roverbella ospitò, nel mese di giugno, in villa Chauvenet, il principe Umberto di Savoia, futuro re d’Italia, reduce dalla sfortunata battaglia di Custoza.

Autore: BELLEI Adriano
Redattore: DORIA Gianmarco
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